sabato 6 ottobre 2012

Stazione FS di Parma: il futuro e il presente

Da tre anni ormai nella stazione FS temporanea di Parma fanno bella mostra di sé le macrofotografie che illustrano il futuribile e ambizioso progetto della nuova stazione, forse la più megalomane delle Centostazioni:
















Ma il futuro avveniristico è ben lontano: la stazione è ancora un guscio vuoto sospeso su un abisso (non su una strada che colleghi la piazza davanti alla stazione con la nuova piazza a nord, dietro la stazione), la piazza sud è un cantiere dove il troncone del bel monumento a Vittorio Bottego è tristemente abbandonato, la nuova piazza nord è anch'essa un cantiere aperto, tra le due ali di palazzi, ancora in costruzione e probabilmente invenduti:

















In questi tre anni e chissà per quanti anni ancora, visto lo stato dell'arte, i viaggiatori che ususfruiscono della stazione FS di Parma hanno subito disagi inenarrabili. Essi hanno tuttora a disposizione una stazione temporanea e un sottopasso in fondo ai marciapiedi sul lato ovest. Sia la "temporary station" sia i sottopassi si intravedono laggiù in fondo nelle foto e poi meglio nel loro ingrandimento (si vedono chiaramente i piloni bianchi della stazione sostitutiva, si intuisce appena la bassa tettoia del sottopasso indicata dalla freccia rossa):











 Nel frattempo i vecchi sottopassi al centro, nascosti dalle paratie del cantiere, sono tuttora degli abissi vuoti, con i lavori per la loro ricostruzione ancora da iniziare. Tra le paratie, si intravede il vuoto, fino a quella che dovrà diventare una strada 30 metri più sotto, i piloni e null'altro. Sotto la grande serra della copertura trasparente progettata dall'architetto Oriol Bohigas, i viaggiatori dei vari marciapiedi confluiscono in lunghe code verso i sottopassi, dove l'effetto imbuto in certi orari è sconcertante e fa impiegare anche 10 minuti a uscire dalla stazione o ad entrarvi.
La violenza distruttiva nei confronti degli ecosistemi, in nome della speculazione, del presunto progresso, dello spreco di risorse, si ritorce inevitabilmente verso gli esseri umani, gli unici animali capaci di distruggere completamente, senza quasi rendersene conto, il loro stesso habitat!








 




domenica 30 settembre 2012

Parma: la "geniale" trovata del ponte nord

 Parma è una città che recentemente si è distinta per il suo fervore progettuale e costruttivo.
Tra le opere significative di cui abbiamo già parlato spicca il nuovo Ponte Europa, nella zona nord, oltre il ponte della Ferrovia, per collegare due importanti arterie che escono dal centro di Parma in direzione nord, verso la tangenziale e l'autostrada, Viale Europa e Via Reggio.


Si è ritenuto che il nuovo ponte avesse una funzione importante, benché poco più avanti esistesse già il ponte della tangenziale nord.


Ecco dunque la nascita del progetto, ad opera dell'architetto Vittorio Guasti, di un ponte lungo 160 metri destinato ad ospitare una strada a quattro corsie, una pista ciclopedonale all'aperto e un percorso pedonale coperto sul lato sud, su due piani, larghi ciascuno tra i 10 e i 14 metri, destinati ad uso pubblico.
La trovata veramente geniale, l'originalità del progetto, è legata proprio a questo percorso pedonale coperto, che dovrebbe ricreare a Parma, alla periferia della città, collegando due assi viari di transito automobilistico, una sorta di Ponte Vecchio di Firenze, per uffici, negozi, spazi espositivi, addirittura su due piani.
Sarebbe stato troppo facile pensare una cosa simile per il centro cittadino. La genialità della soluzione sta proprio nello spingere i cittadini e i turisti a passeggiare su un ponte che collega una rotonda (su Viale Europa, la principale arteria per l'autostrada) con una strada di normale transito (via Reggio).
Il costo previsto dei lavori era di 25 milioni di euro ed i lavori, ancora non terminati, dovevano concludersi nel febbario 2012, dopo due anni di attività. Molto probabilmente il costo finale sarà più elevato.
Le foto che seguono, riprese dal ponte Bottego e dalla ferrovia, danno una vaga idea dell'opera, soprattutto della sua parte coperta, che ne costituisce il tratto distintivo.
Ma sul sito http://www.parmaitaly.com/ponte-nord.html ci sono fotografie esclusive  molto eloquenti (e, naturalmente, celebrative).





La domanda assillante è: dove finisce il genio e comincia la follia?
(Oltre allo spreco di risorse pubbliche, anche in questo progetto, come in quello della stazione FS, preoccupano gli aspetti psicopatologici).

sabato 22 settembre 2012

La distruzione di San Nicolò



Chi ha letto tutti i post precedenti sulla spiaggia di San Nicolò al Lido di Venezia e sull'ecosistema protetto di cui fa parte, che ha le caratteristiche di  Bandiera blu, Sito di Interesse Comunitario e Zona di Protezione Speciale, ora è pronto ad affrontare la notizia che la località sarà completamente devastata, se andrà in porto un progetto che comprende una nuova darsena per 980 posti/barca dal lato sud della diga, 500 posti/auto lungo la diga, ristorante, palestra, piscina, officine, yachting club, supermercato e uffici e una nuova strada larga venti metri che porterà le auto a ridosso dei posti barca, distruggendo la flora e la fauna tipiche e protette, le dune che ormai non esistono quasi più sul resto del litorale adriatico e il bosco che delimita la spiaggia alle spalle delle dune (tutte cose che si possono apprezzare nelle foto che seguono).





Guardate ora le foto del progetto previsto che, se attuato, significherà la distruzione completa di un vero paradiso per chi ama la natura. In particolare confrontate le prime due foto seguenti (la diga e la spiaggia viste da est, come si presenterebbero dopo la realizzazione del progetto) con le due foto pubblicate sopra (la diga di San Nicolò, a sinistra, vista da ovest, e la spiaggia, vista dal satellite).








La follia autodistruttiva umana, che chiama se stessa "riqualificazione", ma che è soltanto serva della logica speculativa degli affaristi, raggiunge qui uno dei suoi culmini difficilmente eguagliabili.

lunedì 17 settembre 2012

Le psicostazioni







Come si vede dai cartelli esposti in 103 stazioni italiane (tra cui Parma e Piacenza) la deriva culturale ed economica d'Italia, paese per eccellenza dello spreco e della speculazione, in nome della megalomania architettonico-urbanistica e della più totale irresponsabilità nei confronti degli ecosistemi, è giunta, nell'ultimo decennio, a concepire la manutenzione e la ristrutturazione (necessarie) delle stazioni ferroviarie come un'occasione per fare affari e per costruire nuovi templi del consumismo (che già abbondano in modo eccessivo, benché i consumi si riducano paurosamente).
Ecco allora un paradosso tipicamente italiano, dell'Italia craxo-berlusconiana, soprattutto berlusconiana, degli ultimi trent'anni: la stazione deve servire allo shopping e al tempo libero, più che ai viaggiatori!
Allo scopo, nell'ambito del gruppo Ferrovie dello Stato è stata creata la società Centostazioni la cui "missione" (parola grossa!) è la seguente: "Riqualificare, valorizzare e gestire 103 stazioni ferroviarie distribuite sull’intero territorio nazionale, secondo un piano finalizzato alla creazione di un nuovo concept di stazione più moderno e funzionale", con la seguente strategia: "Trasformare le stazioni da “non luoghi” a qualificati “luoghi” di aggregazione e di servizio, poli multifunzionali, in grado di soddisfare i bisogni dei cittadini e viaggiatori offrendo ambienti curati e accoglienti, caratterizzati da: Sicurezza, pulizia, facilità di accesso - Funzionalità - Comfort e modernità - Ristorazione, shopping e servizi qualificati - Opportunità per il tempo libero - Manifestazioni ed eventi di attualità".
Ora, che in stazione si vada per pranzare e cenare, per fare shopping o per assistere a eventi di varia natura è ipotesi molto ottimistica, se non totalmente irrealistica. Fatto sta che in nome di questo nuovo "concept" (concetto non va bene, come parola? si deve per forza usare concept?) si sono confinate le sale d'attesa in atri vastissimi esposti al caldo, al freddo, alle correnti d'aria, per sostituirle con negozi, molti dei quali peraltro chiudono dopo qualche mese. Gli unici estranei, nelle future stazioni progettate dai geni italici dei nuovi concept, sono proprio i viaggiatori, pensati come consumatori più che come cittadini che hanno bisogno di trovare treni puntuali, sale d'attesa accoglienti, marciapiedi di facile accesso, piuttosto che improbabili "poli multifunzionali".
Così, nascosta tra i  temi sociologici alla moda orecchiati superficialmente, crediamo si nasconda una forma di follia su cui ci piacerebbe avere il parere di un esperto.
Intanto proponiamo che Centostazioni cambi la propria ragione sociale in quella di Psicostazioni.

lunedì 10 settembre 2012

Ritorno a San Nicolò

La bellissima spiaggia di san Nicolò al Lido di Venezia, di cui ho già parlato in un post precedente, merita un aggiornamento per illustrarne la situazione attuale.
Ricordo che si trova all'estremità nord-est dell'isola di Lido, a ridosso della diga della bocca di porto più importante della laguna di Venezia (vd. foto aerea e foto satellitare, sotto).






Si tratta di una spiaggia in gran parte a fruizione libera contrassegnata dalla bandiera blu e di particolare pregio ambientale, sia per la flora spontanea tipica del litorale dunoso adriatico, sia per la fauna.



Da quest'anno sono state installate delle passerelle in legno che dalla strada bianca consentono l'accesso guidato alla spiaggia e alla diga, senza invadere il resto del territorio protetto.



Inoltre, l'ampia parte della spiaggia maggiormente interessata dalle dune e da una ricca vegetazione spontanea tipica, sopattutto a ridosso della diga, è stata ulteriormente protetta e recintata per consentire un ripristino delle condizioni originarie, che erano state decisamente alterate dagli interventi connessi ai lavori per il MOSE.




San Nicolò torna forse ad essere pienamente quell'affascinante spiaggia che è sempre stata, selvaggia e nel contempo urbana, un piacevolissimo meraviglioso paradosso che permette di vivere dimensioni diverse, che possono quindi coesistere senza annullarsi a vicenda.

venerdì 17 agosto 2012

Architettura, urbanistica e follia

La psicostazione FS di Parma è stata già oggetto di un post precedente, per illustrare la megalomania della gigantesca copertura trasparente in plexiglas che costringe i viaggiatori per cinque-sei mesi all'anno ad attendere i treni in una vera e propria serra sotto i raggi del sole battente.
Ma è l'intero progetto di ristrutturazione della stazione e delle aree limitrofe a costituire un esempio mostruoso di follia progettuale, in cui speculazione edilizia, psicopatologia, spreco enorme e insensato di risorse pubbliche, devastazione ambientale e urbanistica, pessima amministrazione e tanto altro ancora si connettono in un intreccio perverso che ha pochi uguali.
Lo stravolgimento della piazza antistante la vecchia stazione, con abbattimento di alberi secolari, con lavori pluriennali per scavare una rampa discendente sotto la vecchia stazione, che diventa così una stazione sospesa sopra una strada (vedi foto), ma che ora è completamente svuotata per essere poi ristrutturata (ma, per mancanza di risorse gettate al vento con un progetto monumentale, avveniristico e folle, è un guscio vuoto per chissà quanti anni ancora); altri scavi nel piazzale di servizio sulla parte posteriore a nord della ferrovia, per costruire un edificio a uso misto, con due ali perpendicolari ai binari che quasi si chiudono a ferro di cavallo intorno alla strada che vi giunge da sud, dalla parte antistante alla stazione; la rimozione temporanea (vedi foto) del celebre monumento a Vittorio Bottego che costituiva un unicum nella piazza della stazione e che sarà riposizionato ma con modifiche discutibili.







Questi sono alcuni degli aspetti più inquietanti del grado di follia che può raggiungere l'amministrazione di una  città per lasciare il segno, purtroppo molto negativo, del proprio passaggio.
Tutto questo è stato concepito dalla giunta comunale parmense che ha affidato il progetto allo studio dell'architetto spagnolo Oriol Bohigas, che ha così ideato "una piazza lunga 160 metri che collegherà, passando sotto la ferrovia, il piazzale della stazione con la parte nord". In origine sotto la piazza doveva essere collocata la stazione principale della metropolitana, mentre a nord vi sarà un parcheggio sotterraneo per 800 auto e a ovest la stazione delle corriere.
Tutti questi lavori sono iniziati nel marzo 2007 e hanno comportato la costrzuione di una stazione temporanea con copertura in plexiglas trasparente (naturalmente) che è tuttora in funzione ed ha creato e sta creando disagi incredibili a tutti i passeggeri.
Per avere un'idea precisa di tutta questa conclamata pulsione distruttiva il sito http://www.parmaitaly.com/stazione.html fornisce una documentazione fotografica precisa e molto eloquente. Le immagini sono esclusive e non si possono pubblicare e ovviamente lo scopo per cui vengono mostrate è tutt'altro che critico.
Consultare questo sito, che mostra l'area della stazione com'era prima, le varie fasi dei lavori e il progetto finale dell'area stazione futura (chissà quando) è davvero molto istruttivo per avere un'idea di come si possa, per ragioni forse in fondo imperscrutabili, violentare gli ambienti e gli ecosistemi senza alcuno scrupolo e gettare al vento risorse economiche che sarebbero molto meglio utilizzate per conservare e migliorare le situazioni già esistenti.

lunedì 13 agosto 2012

Lido di Venezia: Malamocco e i Murazzi



Questo ultimo post alla scoperta del Lido di Venezia è dedicato a Malamocco e ai Murazzi.
Malamocco (indicato dal numero 4 nella mappa) è una località di grande importanza nella storia della Serenissima. Sembra sia stato il primo e il più antico insediamento umano nella laguna veneta e sicuramente, dal V al IX secolo, è stato il capoluogo della Venetia bizantina, uno dei porti più importanti dell’alto Adriatico, sede del Doge e del Vescovo. Allora si chiamava Metamaucum ed è nel suo porto che giunsero dall’Oriente le spoglie di San Marco, nel cui nome è cresciuta l’intera storia della regina dei mari.
Divenuta insicura sia per motivi militari che naturali (era molto esposta alla furia delle mareggiate), perse parte della sua importanza e i centri del potere vennero trasferiti sulle isole dove sorgerà la Civitas Rivoalti, l’odierna Rialto, nucleo della Venezia che tutti ora conoscono e visitano.
Nel XII secolo Metamauco fu completamente distrutta da una violentissima mareggiata e ricostruita nell’attuale posizione al centro dell’isola. Come si può vedere dalla mappa sotto (il cerchio rosso la identifica) e dalla foto successiva (vista dalla laguna), è circondata da un canale che la rende quasi un’isola a sé.




Dopo la ricostruzione, fu sottoposta a grandi lavori di rialzo del suolo e di protezione dalle maree e dalle acque alte, interventi che interessarono l’intero Lido (isola che ha un’altitudine massima di 3 metri sul livello del mare e, in certe zone, è prossima allo zero). Ne parlerò di nuovo, nel capitolo sui Murazzi.
Il canale con le barche in rimessaggio, il borgo antico con le case di età rinascimentale dai colori pastello e le finestre a bifora, la casa del Podestà del XV secolo, la Chiesa del XII secolo (rimaneggiata successivamente), l’antica fortezza sul mare, le calli e i campielli, il campo grande che guarda la laguna, la casa dove ha abitato Hugo Pratt, la celebre trattoria dove passava le serate (frequentata anche dal suo personaggio Corto Maltese), danno una chiara idea di come dovesse essere la vita di Venezia nel passato.












I Murazzi oggi sono una pista ciclo-pedonale tra le più belle: l’Adriatico da una parte e dall’altra i canneti, gli orti, le carciofaie, i giardini, i prati, l’antica fortezza di Malamocco, lontano da ogni tipo di traffico urbano. Dalla zona Ca’ Bianca, dove termina il Lungomare (zona 3 della mappa all'inizio), fino alla spiaggia di Alberoni. di cui ho parlato nel post precedente (zona 5 della mappa all'inizio), i Murazzi sono una categoria dello spirito, un’avventura interiore, un modo diverso di vivere il rapporto col mare. Sulle piccole dighe a pettine che difendono il litorale dalle mareggiate, si può stare in perfetta intimità e udire solo il rumore del mare che s’infrange sugli scogli, con dolcezza o con violenza, e con tutte le gradazioni intermedie (nelle foto, l'inizio dei Murazzi in zona Ca' Bianca visti da nord, il loro punto d'arrivo alla spiaggia di Alberoni, visti da sud, e una veduta dall'alto).




La loro importanza storica è notevole. Costituiscono una delle “grandi opere” realizzate dalla Serenissima per proteggere l’isola e la laguna dal mare. Sono stati costruiti in pietra bianca d’Istria nel XVIII secolo e, in seguito, rafforzati, con interventi anche recenti (soprattutto dopo la tragica inondazione del 1966).




Sono la vera spina dorsale ciclo-pedonale del Lido, isola che si può percorrere tutta in bicicletta da nord a sud e viceversa, dal faro di San Nicolò, lungo la diga di 3 Km, poi sulla strada che costeggia la spiaggia, un breve tratto all’interno, nella zona dell’Ospedale marino (che si affaccia direttamente sulla sabbia), poi viene il “tunnel” rigogliosamente alberato del Lungomare e, dove finisce quest’ultimo, iniziano i Murazzi, 5-6 kilometri fino alla spiaggia di Alberoni. Volendo, si può continuare sulla spiaggia (ci vuole una mountain bike sulla sabbia compatta della battigia), oppure sulla strada, e raggiungere l’altra diga, fino al faro di Alberoni (altri 2 Km).
Se siete arrivati fino a qui, adesso avete due possibilità.
La prima: tornare sulla strada e percorrerla ancora in direzione sud, fino all’estremità dell’isola dal lato laguna, arrivando al Faro Rocchetta, dove c’è l’attracco del ferry-boat (vedi mappa e foto sotto)








Prendendolo sarete traghettati sull’isola di Pellestrina, più stretta e con minore altitudine del Lido, difesa da Murazzi più elevati e da spiagge artificiali. È un viaggio molto interessante, anche se non ho spazio per descriverlo qui, che vi porterà fino all’oasi di Ca’ Roman, cui ho già accennato nei primi post e, volendo, con il vaporetto, da Pellestrina fino a Chioggia.
La seconda è quella di tornare indietro percorrendo questa volta la strada che costeggia la laguna. È, in certi punti, almeno fino a Ca’ Bianca, l’unica strada percorribile da automezzi che collega l’estremità sud con quella nord del Lido.
Per un buon tratto c’è una pista ciclabile sul bordo della laguna (vedi foto sotto). Comunque, non c’è da preoccuparsi. Benché il Lido conti circa 20.000 abitanti, anche in stagione turistica il concetto stesso di traffico automobilistico urbano qui è del tutto sconosciuto.



È d’obbligo deviare da questa strada pressoché rettilinea, che ogni tanto s’allontana dalla laguna, per ritrovarne la sponda e godersi altri scorci suggestivi, soprattutto a Riva di Corinto, dove sorge uno dei più antichi insediamenti di pescatori dell’isola e tuttora il mercato, quello del pesce in particolare, è un evento da non perdere.
Arrivati a Santa Maria Elisabetta, la vista sulla laguna è davvero spettacolare. Di fronte c’è San Marco e, se siete fortunati ed è mattina presto, una mattina limpida e serena, proprio dietro il Palazzo Ducale vedrete, illuminate dai raggi del sole, le Dolomiti rosate.
Da qui lungo la laguna, sulla Riviera Santa Maria Elisabetta prima e San Nicolò poi si torna al punto di partenza. Ma non dimenticatevi di esplorare tutte le stradine interne dove l’architettura residenziale è a volte strepitosa: per fare qualche esempio, mi limito a citare Via Lepanto, Via Dardanelli e Via Candia.
Se poi voleste proprio strafare, in bicicletta si può percorrere l’intero litorale lagunare, da Jesolo fino all’Isola Verde, dopo Sottomarina di Chioggia: sono circa 60 Km, con tre traghetti alle bocche di porto: motonave da Punta Sabbioni al Lido, ferry da Lido a Pellestrina, vaporetto da Pellestrina a Chioggia. Le piacevoli sorprese, artistiche e naturalistiche, non mancheranno di sicuro.



E, comunque, mi ci sono volute varie puntate per parlare di una sola isola della laguna veneta, tra l’altro non certo la più sconosciuta. Ce ne sono tante altre da scoprire, tutte belle, con una storia interessante da raccontare. Buon viaggio. Fate presto, perché alcuni di questi ecosistemi sono minacciati dalla speculazione edilizia, che già ha distrutto una parte dell'area prospiciente il Palazzo del Cinema (zona 3), abbattendo alcuni bellissimi pini marittimi per far posto a qualcosa che non ci sarà mai (son finiti i soldi e ci son indagini in corso). Minacciato è anche il vecchio bellissimo Ospedale al mare con il vicino Parco. Ne riparleremo. Intanto, per quanto riguarda la Venezia segreta e minacciata, arrivederci alla prossima stagione.