Come si vede dai cartelli esposti in 103 stazioni italiane (tra cui Parma e Piacenza) la deriva culturale ed economica d'Italia, paese per eccellenza dello spreco e della speculazione, in nome della megalomania architettonico-urbanistica e della più totale irresponsabilità nei confronti degli ecosistemi, è giunta, nell'ultimo decennio, a concepire la manutenzione e la ristrutturazione (necessarie) delle stazioni ferroviarie come un'occasione per fare affari e per costruire nuovi templi del consumismo (che già abbondano in modo eccessivo, benché i consumi si riducano paurosamente).
Ecco allora un paradosso tipicamente italiano, dell'Italia craxo-berlusconiana, soprattutto berlusconiana, degli ultimi trent'anni: la stazione deve servire allo shopping e al tempo libero, più che ai viaggiatori!
Allo scopo, nell'ambito del gruppo Ferrovie dello Stato è stata creata la società Centostazioni la cui "missione" (parola grossa!) è la seguente: "Riqualificare, valorizzare e gestire 103 stazioni ferroviarie distribuite sull’intero territorio nazionale, secondo un piano finalizzato alla creazione di un nuovo concept di stazione più moderno e funzionale", con la seguente strategia: "Trasformare le stazioni da “non luoghi” a qualificati “luoghi” di aggregazione e di servizio, poli multifunzionali, in grado di soddisfare i bisogni dei cittadini e viaggiatori offrendo ambienti curati e accoglienti, caratterizzati da: Sicurezza, pulizia, facilità di accesso - Funzionalità - Comfort e modernità - Ristorazione, shopping e servizi qualificati - Opportunità per il tempo libero - Manifestazioni ed eventi di attualità".
Ora, che in stazione si vada per pranzare e cenare, per fare shopping o per assistere a eventi di varia natura è ipotesi molto ottimistica, se non totalmente irrealistica. Fatto sta che in nome di questo nuovo "concept" (concetto non va bene, come parola? si deve per forza usare concept?) si sono confinate le sale d'attesa in atri vastissimi esposti al caldo, al freddo, alle correnti d'aria, per sostituirle con negozi, molti dei quali peraltro chiudono dopo qualche mese. Gli unici estranei, nelle future stazioni progettate dai geni italici dei nuovi concept, sono proprio i viaggiatori, pensati come consumatori più che come cittadini che hanno bisogno di trovare treni puntuali, sale d'attesa accoglienti, marciapiedi di facile accesso, piuttosto che improbabili "poli multifunzionali".
Così, nascosta tra i temi sociologici alla moda orecchiati superficialmente, crediamo si nasconda una forma di follia su cui ci piacerebbe avere il parere di un esperto.
Intanto proponiamo che Centostazioni cambi la propria ragione sociale in quella di Psicostazioni.
Intanto proponiamo che Centostazioni cambi la propria ragione sociale in quella di Psicostazioni.
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