giovedì 3 gennaio 2008

Fidenza che scompare

Il complesso abitativo-imprenditoriale dei Maghenzani è stato demolito: non esiste più. Questa è forse l’ultima foto che lo raffigura, ormai disabitato e abbandonato, in totale disuso.


Come scrive James Hillman, anche i luoghi hanno un’anima.
Questo complesso di anime ne aveva sicuramente moltissime.
Immaginate la vita di un distributore di combustibile sulla via Emilia, fin dalla fine degli anni ’40, con tutto il passaggio di automobili e autotreni. Con la vicina osteria, frequentazione abituale soprattutto dei camionisti. E poi la vasta rete di distributori della provincia, e persino oltre, a cui era collegato e che ad esso facevano capo. E c’era, se la memoria non m’inganna, anche la distribuzione di bombole di gas. Accanto, benché nella foto si intraveda appena, il capannone per la lubrificazione e il lavaggio.
Immaginate quanta gente è passata di lì e quante persone ci hanno lavorato, i gestori che si sono succeduti quando i proprietari hanno lasciato la gestione diretta, i ragazzini che ci hanno lavorato d’estate per rimediare qualche soldo.
Immaginate poi la grande casa, molto bella, certo da risistemare, che ancora avrebbe potuto continuare a vivere: le centinaia di persone che l’hanno frequentata, che sono salite e scese per quelle scale, che hanno vissuto dentro e attraverso di essa.
In quel luogo, traboccante di anime, si sono intrecciate le storie di chissà quanta gente!
Vicende che scorrevano sulla strada, di viaggi, di traffici, di affari; ma anche vicende che nascevano dentro le casa: per esempio, le sperimentazioni musicali…
Si potrebbe raccontare la storia di Fidenza e forse dell’Italia dal secondo dopoguerra ad oggi, la storia di almeno tre generazioni di borghigiani e di italiani, prendendo come centro di ispirazione, tra il realistico e l’immaginario, quel complesso di “modernariato” (non voglio dire ancora archeologia) architettonico-industriale che ora le ruspe hanno spazzato via per sempre.
Ci vorrebbe qualcuno col talento adeguato e le giuste conoscenze dei fatti per scrivere un immenso romanzo, o addirittura più d’uno. Un valido scrittore ci ricaverebbe forse una grande saga alla Buddenbrook.
Io, per quanto esperto di crolli e demolizioni, non ne posseggo di sicuro le capacità e non ho neanche le conoscenze sufficienti, ma perché non auspicare che qualcuno voglia accollarsi la nobile impresa?
Oltretutto, un buon regista sarebbe in grado di farne un vasto capitolo di un road movie all’italiana, e chissà cos’altro.
Magari, un artista borghigiano potrebbe almeno aver avuto l’ispirazione di immortalare il tutto quando ancora era in piena attività, restituendoci in un’immagine l’atmosfera di un brandello della nostra memoria, come capita quando si ammira un capolavoro come "Gas" (1940) di Edward Hopper, un intenso sguardo evocativo su una fase di sviluppo della nostra civiltà occidentale.


P.S.: dato che sono in argomento, vorrei ricordare che nel frattempo è stato demolito un altro bell’esempio di modernariato industriale della città. Si tratta della “Nuova centrale di distribuzione dell’acqua”, costruita, se non ricordo male, negli anni ’60. Si trovava proprio a fianco di Casa Rabaiotti, su via Baracca, all’angolo con via Olaf Palme, dove c’è il rettangolino rosso sulla mappa.
Non posseggo foto del manufatto, ma conosco chi ne ha buonissima memoria e che ha legato una significativa parte della sua esistenza a luoghi di questo tipo.
Al suo posto sorgerà l’ennesimo centro residenziale.
Certo, non serviva più da tempo. La rete distributiva dell’acqua segue ora altri percorsi.
Tuttavia, se la logica per abbattere fosse solo quella dell’inservibilità pratico-tecnica e dell’incessante distruzione/produzione di cose, si può cominciare a temere che molte altre costruzioni belle, storiche, “dense di anima”, saranno abbattute in futuro, per fare spazio ai frutti della crescita economica. Se la cementificazione selvaggia non esita a distruggere le terre fertili a sud della città (ci vogliono centinaia d’anni per ricreare l’humus inaridito, figuriamoci quello sepolto nel cemento!), che rispetto potrà mai avere per case, palazzi, capannoni, e altri edifici ormai “inutili”?

1 commento:

Ambrogio ha detto...

Interessante. Ma come poi scoprire sul mio sito www.ponziettore.it l'attacco alle memorie storico-architettoniche-urbanistiche di Fidenza è prassi consolidata.
Nel dopoguerra è stata particolarmente feroce.
saluti