Il Treno ad Alta Velocità Torino-Lione che dovrebbe attraversare la Val di Susa è un'opera discussa e controversa.
Questo blog a partire da oggi dedicherà una serie di post alla questione complessiva dei trasporti per contestualizzare il problema del TAV Torino-Lione.
Ecco, per cominciare, un articolo scritto nel 1996 che già poneva una serie di domande sul progetto TAV Torino-Napoli. Si vedrà la prossima volta quali risposte i fatti successivi hanno dato alle domande poste.
Il progetto TAV, e cioè la realizzazione di una linea ferroviaria ad alta velocità in Italia, sulla direttrice Torino-Milano-Roma-Napoli, ha già suscitato innumerevoli questioni e polemiche. Sarebbe profondamente errato ignorare l’importanza di tali questioni e trascurare sia l’esigenza di un sistema di trasporti più moderno ed efficiente e di una più incisiva politica del trasporto su ferro nel nostro paese, sia la necessità che la politica dei trasporti rientri nel più complessivo ambito del modello di sviluppo che si intende perseguire.
Non abbiamo certo la possibilità di affrontare la complessa e delicata materia. Tuttavia tenteremo soprattutto di porre dei problemi che ci sembrano quelli più concreti e decisivi in relazione alla possibilità di intervenire in modo efficace sull’attuale sistema ferroviario nazionale.
Spesso accade che tutte le parti in causa si appellino all’Europa e invochino normative o direttive comunitarie. Cercheremo di non farlo a nostra volta o di farlo il meno possibile, non perché sottostimiamo l’importanza della dimensione europea, ma perché riteniamo si possa valutare, anche in riferimento al solo contesto nazionale, se il trasporto ferroviario, per essere strumento e fattore di sviluppo ambientalmente compatibile, abbia o meno bisogno dell’attuazione del progetto TAV. Il nostro attuale sistema di trasporto su rotaia è sicuramente inefficiente e inadeguato. La domanda da porsi ci sembra pertanto questa: la linea ad alta velocità migliorerebbe complessivamente il sistema? In altre parole: se le FS garantiscono oggi un servizio da Terzo Mondo (altro idolo dialettico spesso utilizzato nelle discussioni), con il TAV la situazione cambierebbe?
Per essere ancora più chiari prendiamo brevemente in esame la situazione dei treni-navetta che tutti i giorni trasportano migliaia di pendolari verso le grandi città, per esempio sulla linea Bologna-Milano. Essi sono solitamente sovraffollati e non raramente in ritardo, nonostante le basse velocità (sul tratto Parma-Milano la media è intorno agli 80 km/h per i treni interregionali, molto più bassa per i regionali). Essi presentano d’inverno una notevole varietà di carrozze ghiacciate o bollenti (quasi nessuna a temperatura "normale"), sedili spesso sfondati e sempre lerci, porte esterne talora inutilizzabili, e così via. Questi treni quali cambiamenti subirebbero? Quanto migliorerebbe in puntualità, velocità commerciale, comodità, qualità globale del servizio il traffico regionale ed interregionale, a seguito dell’entrata in funzione della linea AV sul medesimo percorso? Noi siamo convinti che il miglioramento sarebbe, nella più favorevole delle ipotesi, irrilevante, ma a volte ci viene il dubbio che un peggioramento sarebbe pressoché inevitabile.
Ne abbiamo la quasi certezza consultando documenti ufficiali della TAV S.p.A. Negli Elementi di ecobilancio comparato 1994 leggiamo che "l’alta velocità, attirando passeggeri dalla linea ferroviaria tradizionale, libera le tratte attualmente dedicate al traffico nazionale e le rende così disponibili al trasporto delle merci e al trasporto regionale dei passeggeri (grassetto nostro)". Il presidente della Confindustria Luigi Abete riecheggia il medesimo concetto in un’intervista pubblicata sul periodico della TAV, In arrivo: "L’Alta Velocità, prevalentemente destinata al trasporto passeggeri, potrà consentire, tra l’altro, di liberare sulle direttrici a maggior volume di traffico la rete convenzionale per il trasporto delle merci (...)".
Il disequilibrio tipicamente italiano tra il trasporto su gomma e quello su rotaia nella movimentazione delle merci, dovrebbe dunque essere risolto dalla rete convenzionale, già peraltro al limite di saturazione e gravata da una serie di disservizi, dei quali abbiamo tentato di fornire qualche piccolo esempio? Si crede davvero di potenziare in modo significativo il traffico merci utilizzando linee già congestionate? E si ritiene possibile, su quelle stesse linee, fornire anche un più efficiente servizio per i viaggiatori? E ancora: che cosa significa liberare la linea convenzionale dal traffico nazionale? I treni a lunga percorrenza, espressi ed intercity, che fermano nelle stazioni della linea normale, come ad esempio Parma, Fidenza, Piacenza, come potrebbero passare sulla rete AV, che prevede fermate soltanto a Milano, Bologna, Firenze, ecc.?
I problemi come si vede sono tanti. Non discutiamo della necessità di istituire l’alta velocità, ci limitiamo a far presente la necessità che si intervenga sull’intero sistema con adeguati investimenti di risorse finanziarie nella rete convenzionale, a livello di innovazione tecnologica, infrastrutture, materiale rotabile, manutenzione, qualificazione del personale, ecc. Ed è precisamente questo tipo di strategia che manca o che comunque non riesce a rispondere ai bisogni effettivi: che ne è del "quadruplicamento" della Milano-Piacenza, necessario già quindici-venti anni fa? Forse entrerà in funzione a giugno la tratta Milano Rogoredo-Melegnano, una decina di chilometri sui 70 prervisti. E il passante ferroviario milanese iniziato nel 1983 assieme a quello di Zurigo? Nel 1997 dovrebbe essere terminato il primo tratto, circa la metà, di quello che dunque non sarà un passante vero e proprio, ma un collegamento parziale cieco (per inciso, a Zurigo l’opera è terminata nel 1990). E che fine ha fatto la nuova pontremolese a doppio binario, chiamata a sostituire una linea preistorica? Ne è entrato un funzione un brevissimo tratto, ma per il resto della linea si procede per stralci e non è possibile fare previsioni.
Potremmo continuare a lungo il cahier de doléances. Ma insomma: noi riteniamo che la questione primaria non sia quella dell’assenso o del dissenso verso il progetto TAV. Ma è certo che non servirebbe a nulla andare in Europa (tanto per usare i consueti feticci argomentativi) con l’alta velocità e restare nel Terzo Mondo con le linee tradizionali. Non dubitiamo della possibilità di razionalizzare l’intera rete ferroviaria e di innalzare i parametri globali per la valutazione della funzionalità complessiva del sistema, grazie all’attuazione della nuova linea. Tuttavia, al normalissimo utente FS non interessano i dati statistici, quanto piuttosto i fatti concreti, le soluzioni particolari, i miglioramenti equamente distribuiti. Su questi elementi si può misurare la vera riqualificazione del sistema di trasporti su rotaia, non sulle medie generali. A questo livello la questione è politica, deve essere affrontata nell’ambito di una articolata e globale strategia del trasporto su ferro.
A pag. 29 del Bilancio 1994 della TAV S.p.A. si dice testualmente: "la realizzazione della rete AV consentirà, se adeguatamente sorretta da una revisione organizzativa e commerciale da parte delle FS, sia di sfruttare le maggiori capacità infrastrutturali massimizzando le quote di traffico (...), sia di rendere possibile il raggiungimento di una più alta quota di mercato soddisfatta dalla ferrovia (grassetto nostro)". Gran parte della questione risiede probabilmente in quel "se...". È quello che abbiamo tentato di portare alla luce nelle righe che precedono ed è, in sintesi, la domanda fondamentale che attende risposte politiche, visibili e diffuse: le FS potranno disporre delle risorse finanziarie adeguate da investire a breve-media scadenza nelle infrastrutture e nelle strutture di servizio della rete "normale"?